Sulla riva inferiore del Lago Coghinas, alle pendici del massiccio del Limbara, a metà strada tra Sassari e Olbia, si estende il comune di Oschiri, al confine tra Gallura, Monteacuto e Logudoro. Nonostante il bacino idrico del Coghinas sia stato realizzato solo nel 1927 dallo sbarramento del fiume omonimo per alimentare la centrale idroelettrica di Muzzone, il territorio di Ozieri è stato abitato fin dal periodo neolitico.
Nell’area si conta infatti una grande quantità di domus de janas (oltre 70), conservate all’interno di complessi megalitici e necropoli, come quella di Malghesi, Pedredu e Puttu Iscia. Altre testimonianze della presenza dell’uomo preistorico si rilevano grazie ai dolmen e ai menhir di monte Cuccu, monte Ulìa e di Berre. Nel sito nuragico di Lughéria è stato recuperato un carretto in bronzo – presumibilmente utilizzato come portagioie – oggi conservato presso il MuseOs, Museo Archeologico ed Etnografico di Oschiri, insieme a due navicelle votive e monete in bronzo.
Tuttavia, il sito archeologico più rinomato nel territorio di Oschiri – e uno dei più conosciuti in tutta la Sardegna – è l’altare rupestre di Santo Stefano. Luogo enigmatico e misterioso, posto al centro della silenziosa campagna oschirese; si contraddistingue per il lungo piano granitico di 10 metri su cui è scolpita una serie di forme geometriche e la cui funzione è a tutt’oggi sconosciuta. Il nome altare è stato impropriamente assegnato per la presenza della chiesa medievale di Santo Stefano proprio di fronte, mentre attorno alla tavola di pietra, sparse nella macchia mediterranea, si trovano altre domus de janas e nicchie la cui formazione è impossibile da attribuire all’uomo o alla natura.
Nel corso del Giudicato di Torres, Mariano I fece edificare nei pressi di Oschiri il Cugato o Castro, complesso architettonico in stile romanico-lombardo su cui oggi si erge la cattedrale di Nostra Signora di Castro, meta di pellegrinaggi e suggestiva testimonianza architettonica del Medioevo sardo.
Del periodo di dominazione aragonese, l’eredità più grande è quella lasciata dalla tradizione delle Panadas, cestini di pasta “violada” tipici della cucina sarda e ripieni di carne, infornati ed esibiti con orgoglio nel corso della Sagra della Panada ogni 30 di luglio.
Oggi Oschiri è un centro agropastorale che attira moltissimi appassionati di pesca sportiva, sci nautico, canoa e kayak. Tra case basse e strade strette, sorge la chiesa parrocchiale della Beata Vergine Immacolata del XVIII secolo, e la chiesa romanica di San Demetrio dell’XI secolo. Allo stesso secolo appartengono le chiese campestri di San Giorgio, San Pietro, San Sebastiano e Nostra Signora di Otti.
Il lago è un vero e proprio centro d’interesse turistico: le vallate ricoperte di lecci e sugherete sono il luogo ideale per escursioni, passeggiate in relax e itinerari che attraversano l’area di Su Filigosu, habitat naturale per cervi, daini e mufloni.
Per gli amanti di archeologia industriale, Oschiri offre l’esplorazione di ciò che rimane delle miniere scavate alle pendici del Limbara a partire dal primo ventennio del ‘900. Tra boschi, sentieri e cunicoli si trovano ancora i carrelli in ferro e i binari destinati all’estrazione mineraria.